La Luftwaffe nella Seconda Guerra Mondiale
di: Pieru
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Un fulmine sulla Polonia
La "guerra lampo" condotta contro la Polonia non era stata una gita di piacere, bensì una dura lotta contro un nemico tenace. Tenendo presente che la campagna era durata soltanto quattro settimane, le perdite della Luftwaffe risultano rilevanti : 734 soldati e 285 aerei, di cui 109 bombardieri e Stuka.
Contrariamente a tutte le affermazioni, le unità dell’aviazione polacca non vennero distrutte a terra fin dai primi due giorni del conflitto. La brigata dei bombardieri polacchi continuò fino al 16 settembre ad attaccare a bassa quota le truppe tedesche. Gli aerei polacchi, inferiori sul piano numerico e qualitativo, non hanno naturalmente potuto togliere agli stormi tedeschi la supremazia nei cieli.
La Luftwaffe ha contribuito in modo decisivo al rapido svolgimento della campagna, soprattutto con l’appoggio diretto e indiretto dato all’esercito. La distruzione dei mezzi di trasporto e di comunicazione aveva paralizzato il nemico più del bombardamento degli aeroporti e delle fabbriche. L’efficacia di questi bombardamenti era stata sopravvalutata.
Varsavia non era stata una "città aperta", ma una fortezza difesa strenuamente. Dopo cinque inutili intimazioni alla resa, il 25 settembre 1939 avvenne l’unico attacco aereo massiccio che condusse alla capitolazione della capitale polacca.
La campagna polacca era stata un “modello” per l’impiego comune dell’aviazione e dell’esercito, in vista di nuove “guerre lampo”. Le esperienze e gli insegnamenti di questa campagna mostrano anche, però, che la Luftwaffe era abbastanza forte solamente quando si trattava di un fronte unico e di un conflitto limitato nel tempo.
Un "triangolo bagnato": il Mar del Nord
La guerra nei cieli dell’Occidente era caratterizzata all’inizio dall’estrema prudenza delle due parti. Né la Luftwaffe né la Royal Air Force potevano sganciare bombe sul territorio nemico nell’autunno e inverno del 1939. I tedeschi speravano in un ripensamento inglese mentre questi ultimi non si sentivano ancora abbastanza forti per iniziare la battaglia nei cieli. L’unico obbiettivo d’attacco concesso era rappresentato dalle navi da guerra nemiche.
Agli inizi della guerra non si avverano le grandi speranze riposte nei caccia e nei bombardieri da picchiata, di cui si credeva che sarebbero stati capaci di ripulire il mare dalla flotta nemica. Le cause vanno ricercate nelle avverse condizioni meteorologiche, nella scarsa esperienza degli equipaggi dei bombardieri nel volo sul mare, nella ricerca, nel riconoscimento e nell’attacco delle forze navali. La valutazione dei risultati raggiunti era oltremodo esagerata.
La prima grande battaglia aerea della guerra, avvenuta il 18 dicembre 1939 sulla Baia Tedesca, dimostrò che i bombardieri non scortati dovevano avere la peggio nei confronti dei caccia dell’avversario. Ciò valeva per entrambe le parti e così i bombardieri spostarono i loro attacchi alle ore notturne, nonostante le minori possibilità di tiro esatto. Una gran parte delle distruzioni di costruzioni non militari, in una fase più avanzata della guerra, è dovuta a questo fatto.
Il balzo contro la Norvegia, compiuto il 9 aprile 1940, rappresentava un grosso rischio per il supremo comando militare tedesco. Il successo o l’insuccesso era condizionato dalla capacità della marina e della Luftwaffe di occupare con un colpo di mano i punti più importanti della costa e gli aeroporti. Il primo grande "ponte aereo" del mondo era formato da circa 500 aerei da trasporto ed era la prima volta che i soldati "piovvero dal cielo". Il segreto della nuova arma dei paracadutisti era stato reso di dominio pubblico.
Assalto all’occidente
Già i primi giorni della campagna in occidente dimostrarono che anche le migliori fortificazioni non sapevano resistere agli attacchi simultanei dell’aviazione e della fanteria. La Luftwaffe preparava l’occupazione di una fortificazione, poi la fanteria e i carri armati la realizzavano. Venne compiuto, così, più velocemente del previsto, anche il passaggio forzato del fronte fortemente difeso del Maas.
Le temerarie azioni isolate, come l’atterraggio dei pionieri paracadutisti sul fronte di chiusura Eben Emael e sui ponti del canale Alberto ebbero l’effetto di paralizzare temporaneamente il nemico, ma dovevano essere sempre collegate alla rapida avanzata delle truppe. Le unità paracadutate, prive di armi pesanti, erano troppo deboli per consolidare il successo iniziale. Tutto ciò valeva anche per l’atterraggio dei paracadutisti e delle truppe aviotrasportate in Olanda, benché non disponessero dell’importante elemento sorpresa, avendo già rivelato la loro esistenza durante l’attacco alla Norvegia. I difensori ebbero la possibilità di prepararsi a questa nuova forma di attacco, e ciò fu causa degli insuccessi degli atterraggi di truppe compiuti presso l’Aia. La perdita di centinaia di aerei da trasporto, dati in maggior parte dalle scuole di pilotaggio della Luftwaffe, ostacolò più tardi seriamente la formazione delle nuove leve.
La Luftwaffe fu in grado non solo di sgomberare il cammino al contingente di carri armati che avanzava in Francia, ma anche di sorvegliare i suoi lunghi fianchi indifesi. Gli aerei da combattimento e gli Stuka, anche se inesperti della lotta contro i carri armati, riuscirono più volte a indebolire decisamente le pericolose azioni laterali dei carri armati nemici.
La Luftwaffe non seppe affrontare a Dunkerque il compito di impedire l’evacuazione delle truppe inglesi e francesi. Mancarono le condizioni essenziali di una riuscita : le condizioni meteorologiche favorevoli, le basi di operazione vicino al fronte, la creazione di un punto di gravità. Nel corso dell’operazione "Dynamo", cioè dell’evacuazione durata nove giorni, la Luftwaffe poté intervenire con forze considerevoli soltanto per due giorni e mezzo. Glia aerei da combattimento e gli Stuka dovettero subire per la prima volta delle perdite provocate dai caccia inglesi operanti dalle loro vicine basi.
Il resto della campagna di Francia non diede compiti difficili da risolvere alla Luftwaffe. Ciò nonostante, le sue unità ebbero poi bisogno di riposo e completamento. Contro l’Inghilterra si sarebbero potute rivolgere immediatamente soltanto delle forze minori. Si dovettero prima organizzare i servizi a terra nella Francia del Nord. La Royal Air Force approfittò della tregua per rinforzare la difesa. Ambedue le parti si preparavano all’imminente battaglia.
La battaglia nei cieli inglesi
Il tentativo compiuto nell’estate e nell’autunno del 1940 di "rendere disposta alla pace" l’Inghilterra, unicamente con gli attacchi aerei, era destinato a fallire. Le cause principali di questo errore che ebbe gravi conseguenze militari furono le seguenti: Hitler aveva dichiarato ancora nel 1938 che una guerra contro l’Inghilterra era da ritenersi esclusa. La Luftwaffe non era perciò preparata ad una simile eventualità. Le mancava più che altro un bombardiere quadrimotore pesante. L’elaborazione di quest’ultimo era stata interrotta nel 1936 in favore degli Stuka. I bombardieri tedeschi Do 17, He 111 e Ju 88 erano troppo leggeri e vulnerabili, avevano armi difensive troppo deboli, un raggio d’azione limitato e uno scarso carico di bombe.
L’arma dei caccia tedeschi disponeva all’inizio della battaglia soltanto di 700 Me 109 pronti all’azione. Non poteva dunque assolvere neanche in senso numerico il duplice compito di dedicarsi alla caccia libera e di scortare le formazioni dei bombardieri. Il modesto raggio d’azione del Me 109 (fino a Londra) limitava di giorno al Sud-est inglese la zona d’operazione dei bombardieri. Senza la scorta dei caccia i bombardieri erano perduti. I distruttori Me 110 non erano quasi in grado di proteggere i bombardieri, in quanto questi bimotori erano svantaggiati nei confronti dei caccia britannici. La Luftwaffe non possedeva dei caccia a un motore con un lungo raggio d’azione.
La catena chiusa dei radar segnalava ogni attacco ai difensori. Gli attacchi a sorpresa erano perciò quasi del tutto esclusi. Non si riuscì a sconfiggere in maniera decisiva i caccia britannici, ben diretti dal suolo e non si riuscì a conquistare la supremazia nei cieli.
Contro ogni previsione tedesca, il numero dei caccia britannici (anch’essi intorno ai 700) diminuì appena nel corso della battaglia, nonostante le gravi perdite subite. L’Inghilterra produsse nei mesi successivi più del doppio dei caccia prodotti in Germania.
Gli attacchi diurni dei bombardieri tedeschi contro gli obbiettivi militari più importanti (gli unici attacchi che promettevano buoni risultati data la precisione della mira) dovettero essere sospesi per il maltempo e per le perdite intollerabili.
Göring e i capi militari della Luftwaffe alternavano a ogni piè sospinto l’obiettivo. Ciò provocò una dispersione delle forze, i punti essenziali non vennero attaccati con la tenacia dovuta.
L’effetto dei bombardamenti, specialmente di quelli notturni, venne largamente sopravvalutato. Anche i colpi più duri, del tipo di quelli inflitti a Londra o a Coventry, non ebbero il potere di intaccare la volontà di resistenza della popolazione. Ebbero piuttosto l’effetto contrario: un fatto provato alcuni anni dopo dai ben più duri attacchi inglesi condotti contro la Germania.
La Germania non possedeva in quantità sufficiente i sommergibili e i bombardieri a lungo raggio d’azione, necessari a colpire i trasporti britannici d’importanza vitale, i convogli in alto mare e i maggiori porti, come voluto dalla Istruzione del Führer n. 9 in data 29 novembre 1939.
La decisione di Hitler di aggredire la Russia venne presa già nel luglio del 1940, cioè prima dell’inizio della battaglia nei cieli d’Inghilterra. Da quel momento la lotta in Occidente non occupava più un posto di primo piano nei piani dei dirigenti politici tedeschi. Nonostante la difficoltà dell’azione condotta contro l’Inghilterra i rifornimenti della Luftwaffe non avevano la precedenza nei confronti degli altri settori dell’industria bellica. La battaglia aerea venne sospesa definitivamente nella primavera del 1941, quando la Luftwaffe si spostò a Est insieme con la maggior parte della Wehrmacht.
1941: la lotta nell’area del Mediterraneo
Il fallimento dell’offensiva italiana in Grecia assicurò una forte posizione agli inglesi nel Sud est europeo. Ciò costituiva una minaccia per l’importante regione petrolifera romena e per l’ala sud delle forze tedesche destinate alle future operazioni dell’Est. La campagna dei Balcani riuscì a eliminare questo pericolo, ma l’operazione "Barbarossa", la guerra contro la Russia, subì un ritardo, forse decisivo, di un mese.
L’occupazione di Creta, punto culminante della campagna dei Balcani, cagionò gravi e sanguinose perdite ai paracadutisti impegnati nella lotta. Questa "vittoria di Pirro" fece sì che il contingente dei paracadutisti, portato a più divisioni nel corso della guerra, non venne più impiegato ai fini di un grande lancio in massa.
Le perdite erano dovute più che altro al "lancio eseguito in territorio strenuamente difeso dal nemico". I paracadutisti, una volta atterrati, non erano quasi mai in grado di raggiungere le armi lanciate a parte e vennero gradualmente annientati. Le truppe atterrate in zone libere dal nemico poterono invece riunirsi e attaccare compatte.
Un altro serio svantaggio era dato dalla polvere accumulata sui campi d’aviazione in Grecia, punto di partenza delle truppe aviotrasportate. Ciò impedì un intervento compatto della seconda ondata di paracadutisti. Il comando dell’undicesima squadra aerea non ebbe notizie della situazione disperata in cui si trovava la prima ondata dei paracadutisti lanciati a Creta fino al pomeriggio del giorno dell’attacco. Il tentativo di modificare all’ultimo momento la direzione del volo della seconda ondata per impiegarla nella zona dove lottava la prima, non poté essere attuato.
Creta venne occupata in quanto si riuscì a prendere con un ultimo sforzo l’aeroporto di Malemes. Dal pomeriggio del secondo giorno dell’offensiva in poi atterrarono nel fuoco nemico i gruppi di trasporto con gli alpini. Essi rappresentarono per i paracadutisti il rinforzo necessario a continuare l’attacco sull’isola.
La supremazia della forte flotta britannica del Mediterraneo sui mari intorno a Creta e la supremazia aerea dell’ottava squadra aerea tedesca nella stessa zona, ebbero come conseguenza la prima battaglia aero-navale della storia. Essa si risolse dopo alcuni giorni con la vittoria indiscussa della Luftwaffe. La flotta britannica subì gravi perdite e dovette ritirarsi. Ciò segnò anche il destino di Creta.
La difesa della Germania
Nell’estate e nell’autunno 1941, due terzi della Luftwaffe combatterono nei cieli della Russia, mentre il restante terzo continuava a battersi contro l’Inghilterra nel bacino mediterraneo e sulla Manica. Sul fronte orientale l’aviazione tedesca registrò grandi successi, ma i rifornimenti non riuscirono a mantenere il passo con il formidabile consumo di materiali. Il numero di caccia e di bombardieri in grado di entrare in azione segnò un calo spaventoso. L’obbiettivo militare, quello di "vincere la Russia nel corso di una rapida campagna", non venne raggiunto prima dell’inizio del periodo del fango e poi quello del gelo nell’inverno 1941-42.
La riorganizzazione dei quadri direttivi dell’aviazione tedesca, resasi necessaria con l’estensione della guerra a vari fronti e in vista dell’enorme ampliamento del teatro di operazioni orientali, non avvenne. Le proposte miranti a riunire tutti i bombardieri in un "corpo a largo raggio d’azione", da impiegarsi in punti di forza da stabilirsi di volta in volta, e di affidare il compito di un valido appoggio aereo all’esercito a varie grandi unità tattiche dell’aviazione (provviste di ricognitori, bombardieri e artiglierie contraeree) non vennero prese in considerazione.
In conseguenza, le squadre aeree vennero impiegate durante la campagna di Russia principalmente in funzione di arma ausiliaria dell’esercito, in appoggio alle operazioni terrestri. La condotta strategica della guerra aerea non superò la fase iniziale. Non la superò prima di tutto perché non esisteva un bombardiere a largo raggio d’azione, poi, perché anche i bombardieri a medio raggio d’azione vennero impiegati alla spicciolata nelle varie battaglie, anziché essere riuniti per l’attacco contro importanti obbiettivi strategici come fabbriche di carri armati ed aerei.
La produzione dell’Aeronautica sovietica rimase perciò indisturbata e poté essere considerevolmente aumentata. Senza tenere alcun conto dei numerosi aerei perduti, le rosse armate dell’aria continuarono a rifarsi vive sui campi di battaglia con sempre nuovi apparecchi. Lo stesso discorso valeva per i carri armati, la cui produzione poté continuare indisturbata o quasi finché una grande parte della Luftwaffe dovette essere impiegata direttamente nell’appoggio all’esercito.
Le esigenze poste dalla guerra sui vari fronti superavano le forze dell’aviazione tedesca. La crisi di sviluppo e di produzione che nel 1941 portò alla morte di Udet, fu la prova lampante di una scarsa preveggenza da parte dei quadri dirigenti che a quell’epoca avrebbero voluto aver vinta la guerra da un pezzo. Lo scarso interessamento per i nuovi tipi di aerei ebbe gravi ripercussioni. Fu necessario continuare a costruire i vecchi tipi che ben presto, soprattutto in Occidente, non furono più in grado di tener testa agli apparecchi e alle armi perfezionate dell’avversario.
Il teatro del Mediterraneo nel 1942
Le catastrofiche perdite subite dai convogli italo-tedeschi con i rifornimenti per il fronte nordafricano durante l’autunno del 1941 costrinsero il comando tedesco a distaccare ancora una volta una squadra aerea in Sicilia. L’inizio della seconda offensiva aerea contro Malta nei primi mesi del 1942 rese subito meno precaria la navigazione dei convogli. L’interdipendenza tra la neutralizzazione di Malta e le vicende sul fronte nordafricano era palese: al potenziamento degli attacchi contro Malta corrispose un potenziamento del flusso dei rifornimenti a Rommel. Questi, alla fine, fu in grado di lanciare l’offensiva dalle posizioni di Ain-el-Gazala.
Il corollario logico, cioè la conquista di Malta mediante un’operazione di sbarco aeronavale, venne progettato, ma non realizzato. Il momento più propizio, in concomitanza con la possente offensiva aerea contro Malta nell’aprile 1942, non venne sfruttato. Hitler lasciò agli italiani il compito di dirigere le operazioni di sbarco, ma nel contempo non nutriva alcuna fiducia nella loro capacità di resistenza. La progettata operazione "Ercole" venne alla fine abbandonata per opera di Rommel che dopo la rapida conquista di Tobruk credeva di raggiungere con una sola puntata offensiva il Nilo.
Per fare massa sul proprio fronte, Rommel chiese ed ottenne il concorso di tutti i mezzi dell’aviazione tedesca esistenti nel teatro di guerra del Mediterraneo. L’obbiettivo Cairo non venne raggiunto mentre Malta, non più attaccata, si riprendeva rapidamente. I convogli con i rifornimenti destinati a Rommel ricominciarono a registrare gravi perdite. La battaglia per la conquista dell’Africa settentrionale era perduta.
Dal punto di vista tattico, l’offensiva contro Malta dimostrò che l’impiego di grandi formazioni di bombardieri era da preferirsi agli attacchi individuali in picchiata (imposti a oltranza dal capo di stato maggiore Jeschonnek) per quanto numerosi fossero gli stuka impegnati, quando si trattava di fare massa su obbiettivi come aeroporti o installazioni portuali. Su Malta vennero effettuati (per colpire obbiettivi militari!) i primi "bombardamenti a tappeto" della seconda guerra mondiale.
La guerra aerea sul mare
Gli attacchi dei bombardieri tedeschi contro la flotta inglese e il traffico marittimo dei rifornimenti degli alleati rimasero sin dall’inizio pregiudicati dal fatto che l’aviazione tedesca non era riuscita ancora, nel quadro di una preparazione troppo affrettata, ad addestrare singole squadre alla lotta sul mare. Ciò era previsto soltanto nella fase 1940-1942 del piano; prima del 1942 infatti non era prevista una guerra, come Hitler aveva ripetutamente assicurato ai comandanti in capo dell’aviazione e della marina.
Una proficua collaborazione tattica tra l’aviazione e la marina poté essere realizzata nel corso di ben poche operazioni aeronavali, nonostante la buona volontà e i molteplici tentativi. L’aviazione poté soddisfare solo raramente le esigenze della marina che chiedeva un più completo appoggio aereo. Questo perché le crescenti esigenze di tutti fronti terrestri durante la prosecuzione della guerra superavano da sole le forze dell’aviazione stessa.
Gli idrovolanti in un primo tempo preferiti dall’aviazione della marina si rivelarono (a prescindere dal raggio d’azione) inferiori per caratteristiche e capacità di volo agli aerei terrestri con carrello retrattile. La sostituzione degli idrovolanti con Ju 88 e altri tipi di aerei terrestri nei gruppi dell’aviazione costiera ebbe peraltro spesso come conseguenza l’impiego di questi gruppi sui fronti terrestri, per cui venivano completamente sottratti alla condotta della guerra sul mare.
Gli attacchi contro bersagli mobili e maneggevoli richiedono, per essere efficaci, una notevole misura di addestramento ed esperienza. La tattica d’attacco dovette subire frequenti mutamenti per adattarsi alla capacità di ripresa dell’avversario. Il metodo adottato dall’aviazione, basato sul principio dei punti di forza e consistente nell’impiego occasionale di stormi da bombardamento terrestre contro obbiettivi navali, non poté perciò assicurare successi decisivi. La speranza, alimentata ad arte, di mettere fuori combattimento la flotta inglese con bombardamenti dell’aviazione, non fu coronata da successo. Soltanto nelle acque in prossimità delle coste, dove l’aviazione aveva il dominio dell’aria (come intorno a Creta), gli attacchi decisi contro la flotta avversaria ebbero successo. D’altra parte la Germania non possedeva portaerei pronte ad entrare in azione, in grado di trasferire la base aerea in mare aperto.
Anche l’impiego delle mine aeree e dei siluri aerei soffrì per la mancanza di un comando unitario. In particolare, lo sviluppo del siluro aereo, affidato all’Istituto sperimentale per siluri della marina, per molto tempo non registrò risultati utilizzabili. Solo a partire dal 1942 (se si prescinde da pochi aviatori della marina) cominciarono ad essere impiegati gli aerosiluranti. In quell’epoca peraltro, potevano considerarsi già tramontati i tempi dell’aereo provvisto di siluri che sorvola lento e scarsamente manovrabile il mare.
Le gravi perdite subite dal PQ 17 ebbero la loro origine soprattutto nella errata valutazione della situazione da parte dell’ammiragliato inglese, che sciolse il convoglio in un momento critico, togliendogli in tal modo la migliore protezione che aveva. Le perdite ridotte registrate dal successivo PQ 18 si spiegano tra l’altro con l’atteggiamento di Göring, che voleva a tutti i costi assicurarsi un successo di prestigio con l’affondamento di una portaerei inglese. In seguito, le condizioni atmosferiche dovute all’inverno polare e le forti misure difensive approntate dall’aviazione della marina inglese nella scorta dei convogli non consentirono più la realizzazione di successi degni di nota dell’aviazione tedesca contro i convogli in navigazione nell’oceano Artico.
La Russia segna il destino
Dopo il fallimento della guerra lampo del 1941 in Russia, durante la quale la Luftwaffe era stata impiegata quasi esclusivamente nell’appoggio diretto e indiretto dell’esercito, la "guerra aerea strategica" contro l’industria degli armamenti avrebbe dovuto avere l’assoluta precedenza. Ciò sarebbe stato tanto più necessario poiché la sempre più crescente produzione russa, soprattutto di carri armati, cannoni e caccia-bombardieri, cominciava a farsi sempre più sentire sul fronte orientale tedesco presidiato da un numero troppo ridotto di truppe. La Germania produsse dal 1941 fino alla fine della guerra qualcosa come venticinquemila carri armati; i russi nello stesso periodo ne costruirono sei volte di più.
Più ancora che durante la battaglia d’Inghilterra, la Luftwaffe lamentava, per attacchi simili contro obbiettivi strategici, la mancanza di bombardieri quadrimotore. Il modello He 177, costruito in vista di queste esigenze, non poté mai entrare in azione poiché lo stato maggiore della Luftwaffe gli voleva attribuire la capacità di attaccare in picchiata. Attacchi in massa contro i punti chiave dell’industria sovietica degli armamenti avrebbero tuttavia ottenuto sensibili effetti anche con l’impiego degli stormi di Ju 88 e He 111, anche se costretti a operare ai limiti del loro raggio d’azione, come pochi attacchi “strategici”, scatenati nella primavera del 1943 ebbero a dimostrare. La Luftwaffe venne invece continuamente impiegata, sparpagliata un po’ dappertutto, in attacchi diretti sul fronte. Ma l’industria sovietica degli armamenti riuscì a neutralizzare tutte le perdite, per quanto grandi fossero i successi riportati dall’aviazione sui campi di battaglia. L’avversario divenne con l’andar degli anni sempre più forte.
Hitler reagì alla debolezza dell’esercito tedesco nelle battaglie invernali non già, come gli veniva sempre consigliato, con un arretramento e accorciamento del fronte, per rendere disponibili truppe, bensì con spietati ordini di resistenza a oltranza. Ciò produsse lacerazioni nel fronte e procurò alla Luftwaffe, con il rifornimento di grandi unità bloccate, nuovi gravosi compiti. Il riuscito ponte aereo e conseguente rifornimento di un grosso corpo d’armata nella sacca di Demjansk ebbe sinistre conseguenze. Quando la VI armata venne circondata dai russi alla fine di novembre 1942 presso Stalingrado, l’alto comando tedesco ritenne possibile anche il rifornimento di questa grande unità.
Ciò nonostante, la decisione di Hitler di far resistere un’armata di duecentocinquantamila uomini a Stalingrado e di proibirle la sortita, è stata presa indipendentemente dal problema di una possibilità o no del rifornimento aereo. I comandanti della Luftwaffe al fronte, ivi compreso quello della quarta armata aerea, von Richthofen, hanno messo in rilievo sin dall’inizio, con tutti i mezzi a loro disposizione, la irrealizzabilità del rifornimento per via aerea loro ordinato. Hitler non ha voluto tener conto delle loro argomentazioni e ha sacrificato scientemente la VI armata. La disperata lotta della Luftwaffe nella difesa di Stalingrado, con mezzi insufficienti e sotto la continua minaccia delle condizioni atmosferiche e del nemico che attaccava i campi di volo costituisce uno dei capitoli più tragici della storia della guerra.
L’ultima grande offensiva tedesca sul fronte orientale, l’operazione "cittadella" nel luglio 1943, vide ancora una volta la Luftwaffe impegnata nella lotta nel punto di forza, con millesettecento bombardieri, caccia e cacciabombardieri. Nonostante i numerosi successi isolati, come la distruzione di intere brigate corazzate sovietiche unitamente con attacchi dall’aria, l’obbiettivo dell’operazione non venne raggiunto. Il nemico era diventato strapotente. Da quel momento in poi, la sempre più percepibile debolezza dell’esercito costrinse l’aviazione, sparpagliata lungo tutto il fronte, a impegnare in misura sempre maggiore gli aerei in interventi diretti sul campo di battaglia, un compito disperato e impossibile per l’aviazione da bombardamento.
La battaglia aerea sulla Germania
Soltanto per un breve periodo, fino alla sconfitta della Russia, la Luftwaffe avrebbe dovuto nel 1941 fare massa sul fronte orientale, per impegnarsi subito dopo con tutte le energie disponibili nuovamente in occidente, contro l’Inghilterra. In realtà l’intervento sul fronte orientale si tradusse in una serie di battaglie di logoramento che di anno in anno chiesero sacrifici sempre maggiori. In occidente invece, l’aviazione tedesca continuò a rimanere debole mentre gli inglesi (e, a cominciare dal 1942, anche gli americani), poterono prepararsi con tutta tranquillità alla guerra aerea contro la Germania.
La Luftwaffe alimentò la speranza che la sua caccia numericamente ridotta avrebbe respinto le incursioni nemiche diurne grazie alle elevate perdite che avrebbe inflitto all’avversario, e che d’altra parte i bombardieri non sarebbero stati capaci di colpire i bersagli nelle incursioni notturne. Il rapporto delle forze mutò tuttavia in senso sempre più favorevole agli alleati. Nuovi procedimenti applicati alla navigazione aerea e alla individuazione dei bersagli portarono a bombardamenti notturni precisi.
Il numero di successi riportati dalla caccia notturna aumentò progressivamente, ma non poté tenere il passo con la crescente consistenza numerica delle formazioni di bombardieri degli alleati. Il procedimento dei "letti a baldacchino", consistente nello stretto contatto radiofonico di isolati caccia notturni con il comando a terra che provvedeva a mettere "in contatto" i caccia con i bombardieri avversari, si rivelò valido solo fino a quando i bombardieri si avvicinavano all’obbiettivo e si allontanavano da esso isolati e su un ampio fronte. Alla mutata tattica di avvicinamento delle formazioni di bombardieri chiuse, la difesa aerea dovette contrapporre la caccia d’inseguimento notturno, durante la quale i caccia dovevano localizzare per proprio conto, con l’aiuto dei radar di bordo, l’avversario.
La promettente "caccia notturna a largo raggio" fino alle basi di partenza in patria dei bombardieri inglesi, venne ripresa solo periodicamente e in misura ridotta. I bombardieri inglesi erano particolarmente vulnerabili durante le difficoltose manovre di decollo ed atterraggio, tanto più che molti di questi ritornano gravemente danneggiati dalla lotta aerea sostenuta sopra la Germania. Il fatto che questi bombardieri non venissero più attaccati proprio in quel momento, e anche che le loro basi, quasi sempre ben illuminate, rimanessero intatte, ha contribuito in misura notevole al rafforzamento dell’aviazione da bombardamento inglese.
Informazioni sull'Autore
Pierluigi Ferrara si occupa di progetti internet lavorando per ZeroDelta. A tempo perso si diletta nella raccolta e nello studio di materiale relativo a uomini, operazioni e mezzi che parteciparono alla Seconda Guerra Mondiale .
Fonte: Article-Marketing.it
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